La città assente
di ROSARIO PAVIA
Il silenzio della città, la scomparsa del suo cupo e costante rumore hanno fatto emergere rumori prima soffocati: le voci delle abitazioni vicine, i versi di uccelli sconosciuti, il suono del vento che agita gli alberi sotto casa.
La scomparsa delle auto in movimento nelle strade e nelle piazze ne ha rivelato le dimensioni, il contorno, la qualità spaziale.
L’aria è diventata trasparente, pulita. Dicono che a Roma le acque del Tevere siano più chiare e che nei canali di Venezia si possono vedere i pesci.
Il mondo animale, che vive appartato nelle nicchie ecologiche della città, esce allo scoperto, riconquista lo spazio deserto dei parchi, alcune specie si avventurano nelle strade.
Improvvisamente, in città, sembra avviarsi verso un nuovo equilibrio ambientale. Saremmo capaci di interpretare questi segnali, di tradurli, di portarli avanti con coerenza domani, quando sarà finita? Domani quando accetteremo che la città dovrà convivere con il lato oscuro di una realtà ambientale vivente di cui facciamo parte insieme alle piante, alle altre specie animali, ai batteri e ai virus.
Oggi scopriamo che il vuoto metafisico delle piazze e delle strade ci inquieta. Viviamo la scomparsa dello spazio pubblico. La città come l’abbiamo conosciuta è diventata assente: manca la vita, non c’è più la folla, manca la vicinanza delle persone. La città nasce come riunione, come comunità, luogo di incontro e di emancipazione. L’aria della città rende liberi recitava un proverbio medievale. Lo crediamo ancora.
Il distanziamento, l’isolamento consumano l’idea stessa di città, la rendono assente. Li accettiamo con convinzione per resistere, per combattere l’improvvisa mancanza di città.
La città svuotata dal contagio ha fatto emergere ancora una volta la disparità tra le sue parti sociali, la profonda disuguaglianza che colpisce i più deboli.
La città la dobbiamo ripensare ora, in questo tempo sospeso, per farla rinascere più forte, più sostenibile e più giusta.
Aprile 2020
Foto di Marcello Leotta. 2016